venerdì 24 giugno 2011

Accesso al TFA - Tirocinio Formativo Attivo

La Flc CGIL di Caserta e l’associazione professionale Proteo Fare Sapere Caserta organizzeranno, in previsione della pubblicazione dei bandi per l’accesso al Tirocinio Formativo Attivo, incontri di preparazione alle prove di preselezione

Gli interessati
Docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del regolamento (15 febbraio 2011), dei requisiti previsti per l’accesso alle SSIS o iscritti, per l’anno accademico 2010-2011, a percorsi finalizzati al conseguimento dei titoli per l’accesso alle SSIS (i vecchi titoli di accesso all’insegnamento). L’accesso al TFA che si svolgerà presso le Università avviene previo esame di ammissione, l’esame consisterà in un test preselettivo unico sul territorio nazionale (60 domande a risposta chiusa), una prova scritta e una prova orale definite dalle Università/Istituzioni AFAM).

L’acceso al TFA è a numero programmato secondo le indicazioni del MIUR

Offerta ed obiettivi degli incontri
Si prevede di organizzare 3 incontri con l'obiettivo di fornire:
un'informazione dettagliata sui requisiti di accesso al T.F.A.
le competenze necessarie ad affrontare le domande a risposta multipla
un quadro degli argomenti che saranno oggetto della prova preselettiva;
un repertorio di domande con esercitazioni;
un repertorio di norme che regolano il funzionamento della scuola
una bibliografia essenziale ed una sitografia

Gli incontri sono rivolti a tutti gli interessati e la partecipazione è gratuita.


Chi fosse interessato a ricevere informazioni può inviare una richiesta all'indirizzo email proteocaserta@gmail.com e sarà costantemente informato sui successivi incontri e sulle prove per l'accesso.

sabato 4 giugno 2011

La lezione delle urne


Associazione socio-culturale e politica casertana di volontariato
web: www.lafabbricadicaserta.blogspot.com e-mail: lafabbricadicaserta@yahoo.it
sede: La Casa delle Associazioni di Caserta - via Tanucci, 97 – 81100 CASERTA


COME “PREANNUNCIATO”...
”Comunque vada a finire, vincerà il centrodestra.” Così iniziava un articolo de “Il Fatto Quotidiano” del 10 aprile 2011 riferendosi alle candidature a Sindaco di Caserta di Del Gaudio, Falco e Marino. Affermazione dimostrata non solo dalla vittoria di Del Gaudio, ma anche e soprattutto dal clima vissuto in tutta la campagna elettorale, sia nel capoluogo, sia in provincia; una campagna elettorale iniziata male e finita peggio, nettamente poi in controtendenza rispetto a quanto avvenuto nel resto del Paese.

MAL “COMUNE”, …PIO DEL GAUDIO!
L‘esperienza Petteruti, ultimo retaggio della stagione dell’occupazione del potere da parte di De Franciscis, si è sempre più trascinata nella sua negatività, sorretta da una maggioranza consiliare, nominalmente di “centrosinistra”, ferma nel suo arroccamento a pura difesa di interessi personali e sempre più distante dalle esigenze della collettività. Questo ha permesso però ai singoli gruppi locali di potere economico-politico, in precedenza contrapposti, di riconfrontarsi, ricompattarsi, rinsaldarsi, e, in parte, di unificarsi per aprire una nuova fase, liquidando il fardello Petteruti, considerato oramai inutile e dannoso. Per poter marcare a livello di opinione pubblica il voltare pagina, si è ovviamente scelto di “cambiare etichetta” ritornando al centrodestra, senza che alcuno abbia avvertito minimamente l’esigenza di analizzare quanto invece stava – e sta ancora! – avvenendo a livello sociale ed interpretare correttamente il “sentire comune”. Non ne poteva che derivare una mera contrapposizione tra gruppi di potere che si sono in gran parte coagulati intorno alla candidatura di Pio Del Gaudio, imposta da Cosentino e Polverino, mentre altri hanno puntato ad una “rottura” - minoritaria - con Falco ed altri ancora con quella, in campo “avverso”, di Carlo Marino cioè di tre personaggi che, insieme per due consiliature, hanno gestito nel peggior modo possibile la macchina amministrativa e finanziaria del comune capoluogo, riducendola all’attuale “colabrodo”. In altre parole, un ceppo di origine comune che si è poi manifestato con strategie elettoralistiche diverse e contrapposte solo per l’occasione. L’aspetto più ridicolo – utilizzato però propagandisticamente a piene mani per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle problematiche economico-sociali - è stato lo scambio di reciproche accuse sui “voltagabbana” la cui “trasmigrazione” è stata ovviamente stavolta più sbilanciata verso destra rispetto alle precedenti comunali del 2006, allora più sbilanciata verso il centrosinistra. Ma, “invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia”: riprova ne sia che il “nuovo” consiglio comunale vede al suo interno gran parte dei “soliti noti”, alcuni dei quali con il solo formale cambio di “etichetta di appartenenza”. Va sottolineato che, pur a fronte di un proliferare esagerato di liste e candidati, la percentuale di votanti (79,26% pari a 50.914 votanti su 64.239 elettori) è stata poi comunque inferiore rispetto a quella delle precedenti comunali del 2006 (82,51%) il che testimonia una evidente disaffezione (nonostante tutto, anche con il proliferare di fenomeni di cui tratteremo in seguito) di parte dell’elettorato verso una “politica” che parla di sé e per sé e non invece dei problemi della collettività. Evitando quel ricorso al ballottaggio che avrebbe pericolosamente aperto le porte ad una contrattazione diretta con l’altra area di potere minoritaria che sosteneva l’ex-sindaco Falco, la contrapposizione formale si è invece sostanziata nell’affermazione diretta del candidato Pio Del Gaudio che è stato trascinato alla vittoria. Infatti, mentre le liste che lo appoggiavano hanno riportato il 62,94% (pari a 30.013 voti), il neo-sindaco si è fermato al 52,58% (25.990 voti), mostrando in modo evidente la propria mancanza di “valore aggiunto” il che lo rende ancor di più “prigioniero” delle logiche spartitorie impostegli già all’atto della candidatura dai gruppi di potere che hanno poi di fatto vinto – ancora una volta! - le elezioni.

IL VOTO DI SCAMBIO
Era un fenomeno alquanto marginale fino a pochi appuntamenti elettorali fa. Ma ora sta diventando sempre più presente ed influente, in particolare negli appuntamenti amministrativi locali. Con l’aumentare della disaffezione dell’elettorato verso i partiti da un lato e della crisi economica dall’altro, le classi sociali più deboli tendono sempre di più alla mercificazione immediata del proprio voto (o, “meglio” ancora, dei propri “pacchetti” di voti) nella convinzione che non sia altrimenti “utile”. E “l’offerta” sta aumentando proporzionalmente alla “richiesta” che è sempre più trasversale e che non è più appannaggio di una sola parte politica. Così, accanto al “commercio” dei manifesti (il cui attacchinaggio non viene assolutamente svolto dalla ditta che ha l’appalto comunale delle affissioni, diventando di conseguenza “servizio esclusivo” di gruppi delinquenziali con un costo di 2 euro a manifesto e senza alcun rispetto degli spazi elettorali né di ogni altra vigente normativa), si stanno sempre più radicando altre forme di compravendita “diretta”. Il voto si compra: con 50-100 euro l’uno; con un buono-benzina o un biglietto della partita Napoli-Inter e/o pacchetti di entrambi; con il pagamento di una qualsiasi bolletta; con la distribuzione porta a porta nei rioni popolari di un pacco della spesa ad ogni famiglia (cosa avvenuta a Caserta addirittura “alla luce del sole”, come se fosse lecita e consentita); con la “nomina” in ogni sezione, perorata da un singolo “candidato”, di un rappresentante “formalmente” di lista (pagato mediamente 150 euro, ovviamente a nero)) nel seggio in cui questi ed i suoi familiari votano ed i cui voti devono essere “ben indirizzati”… Facile capire che, ad esempio, ad un candidato con una sua base personale (tra familiari, amici, conoscenti ed “apparato di partito”) di circa 150 voti, basta “comprarne” altri 200 voti (per un costo complessivo minimo di 10mila euro) per assicurarsi – a seconda della lista ove è candidato - una più che concreta possibilità di essere eletto consigliere comunale con stipendio mensile di circa mille euro (recuperando così in un anno - mese più, mese meno - quanto “speso”!). Il propagarsi di tali atti illeciti di rilevanza penale rappresenta un’offesa gravissima alla libertà ed alla democrazia e, contro di esso, nessuna forza politica spende più di una parola “di circostanza” limitatamente al solo momento pre-elettorale. Di contro, la magistratura e le forze dell’ordine, pur essendo a conoscenza di tutto ciò (se fosse vero il contrario, sarebbero allora avulse dalla realtà su cui dovrebbero vigilare!), assistono praticamente inerti allo svilupparsi di questo turpe commercio senza riuscire a frapporre alcun argine di tutela: il che rappresenta ovviamente un segnale più che fattivo di “via libera” al suo diffondersi e dilagarsi, con “tanti saluti” alla “libera espressione della volontà popolare” costituzionalmente garantita. In questo contesto di irregolarità senza limiti, ci si può ovviamente permettere di tutto, anche la diffusione di sms la domenica delle votazioni con falsi sondaggi a favore dell’ex-sindaco Luigi Falco…

IL CROLLO DEL PD
Si potrebbe titolare “cronaca di un partito mai nato” per analizzare quello che, invece di essere un nuovo soggetto politico, è stato – ed è – la riproposizione del peggio del “vecchio”. Mai fatta una campagna di tesseramento, mai coinvolta come protagonista la collettività locale, il PD a Caserta è vissuto solo come contrapposizione di gruppi di potere nati sulla scia del fenomeno “De Franciscis” fino alla proposizione a sindaco della città di un Petteruti (ma poteva essere un qualsiasi altro soggetto) che era semplicemente la dimostrazione del predominio di una corrente su altre. Nel momento in cui il De Franciscis, rinunciando di continuare a fare il presidente della Provincia, ha scelto la via di Lourdes per evitare di essere coinvolto nelle vicende giudiziarie che cominciarono a colpire i suoi principali collaboratori, il sistema si è autoperpetuato nella pura difesa delle “fette” di potere di ognuna delle componenti. Si è quindi ulteriormente scavato il solco profondo che ha diviso la collettività con le sue minimali esigenze di vivibilità ed una giunta comunale nominalmente di centrosinistra che invece si sempre più trascinata ed abbarbicata nella propria autodifesa. Il PD è stato, con il suo gruppo consiliare e con i suoi assessori, il perno assoluto del “mantenimento in piedi” di quel Petteruti sempre più desolatamente ultimo (preceduto dalla sola Iervolino) nei sondaggi di gradimento e popolarità. Quando poi si è “naturalmente” arrivati alla vigilia della fine del mandato, il sistema non è stato più in grado di garantire tutte le sue componenti dando inizio a quello sfaldamento che ha portato alla caduta anticipata con il conseguente “rompete le righe” e fuggi-fuggi generale con l’abbandono del PD persino di un candidato alle primarie del 2006 e di tutti quei transfughi della giunta Falco che, a suo tempo, furono accolti nel centrosinistra a “braccia aperte” (essendo poi utili e necessari per la successiva vittoria di Petteruti). Il susseguente arrivo di un commissario con un “mandato ampio” ha rappresentato la mazzata finale per un moribondo oramai all’ultimo respiro. Invece di invertire la rotta e dare una sferzata marcatamente sociale e culturale, il Cacciola ha scelto personalmente di percorrere un esasperato tatticismo strategico, assolutamente inadeguato alla situazione. Trovandosi a gestire una “scatola vuota”, ha scelto di ricorrere alle Primarie non come idoneo strumento per rilanciare la partecipazione popolare, bensì come solo mezzo per imporre le proprie scelte studiate a tavolino. Individuato senza alcuna fatica nel Marino l’unico soggetto che aspirava alla candidatura a sindaco e capace di finanziare per se e per tutti gli altri l’intera campagna elettorale, il Cacciola ha coinvolto attivamente i referenti cittadino e provinciale di SEL, l’unico partito nuovo ed estraneo alla catastrofica esperienza amministrativa di Petteruti. Da qui la farsa delle Primarie che avrebbero coinvolto - sulla carta! - 4500 casertani per concludersi con la scontata incoronazione di Carlo Marino che doveva poi portare in dote alla coalizione ben 5 liste con 160 candidati (le liste poi sono state solo 2 e la seconda, all’implacabile verifica elettorale, ha raccolto in tutto appena 20 voti). Atto ulteriore poi l’eliminazione dalla scena politica cittadina di tutte le principali componenti che avevano sorretto Petteruti ed il tentativo di smarcare l’intera coalizione da quella nefasta esperienza che aveva visto proprio il PD in primo piano. Tentativo maldestramente congegnato e peggio ancora attuato (ne è dimostrazione – una per tutte! - la candidatura dell’ex-assessore Toscano) con un candidato a sindaco che a suo tempo è stato lui stesso transfuga, provenendo dalle fila berlusconiane di Forza Italia, ex-assessore ai Lavori pubblici di Falco (con rappresentanti della cui famiglia ancora oggi attivamente collabora a livello professionale) e suo responsabile di quei PRUSST che hanno portato centinaia e centinaia di migliaia di euro a Caserta e di cui poco (e male!) o niente ha beneficiato la collettività casertana (accrescendo per giunta l’indebitamento pubblico fino a cifre da dissesto finanziario). Il risultato elettorale – quello vero, non finto delle Primarie! – è stato catastrofico: il candidato sindaco ha riscosso una percentuale di voti (26,28%) di gran lunga inferiore - per esempio - a quella che riportò il candidato a sindaco Ubaldo Greco (38,5%) alle comunali 2002 (rielezione di Falco) mentre il PD è stato ridotto nel capoluogo al minimo storico: meno del 10% (4.732 voti – 9.92%). Ed assai poco vale la scusa accampata dallo stesso Cacciola che i 1.301 voti raccolti dalla lista di Carlo Marino siano da ascrivere allo stesso PD: sembra che il commissario non abbia proprio voglia di capire la lezione ricevuta dall’elettorato di centrosinistra che non ha gradito! Non prendere atto di quello che è accaduto a Caserta è come non prendere atto di quello che è avvenuto a Napoli e cioè “Primarie con gli imbrogli = PD cancellato”. Un PD che a S. Maria C.V., dopo una esperienza a dir poco controversa di centrosinistra, non è stato nemmeno capace di conquistare il ballottaggio con quello Stellato che è stato addirittura il candidato del centrosinistra alle scorse provinciali. Il PD che, nella “roccaforte” di S. Marco Evangelista con candidato il sindaco uscente, ha raccolto solo il 20% dei consensi ed una netta sconfitta. Un PD che a San Nicola la Strada niente di meglio ha trovato che candidare a sindaco un ex-AN, ex-assessore ed ex-presidente del Consiglio Comunale che, non avendo possibilità nel centrodx, ha autonomamente e repentinamente deciso di ”provare dall’altra parte”, operando una scelta osannata ed acclamata dal PD locale – che ora addirittura, pur sconfitto, si “vanta” di aver comunque conseguito un’alta percentuale di voti - mentre SEL ha entusiasticamente partecipato con Di Sarno e Golino, massimi vertici provinciali, al pubblico “peana”. Il PD che, tramite Stefano Graziano (deputato mai votato!), si compiace della “vittoria di Pirro” ottenuta a Casagiove con una lista civica di milazziana* memoria, fatta assieme al PDL ed alla destra (il più votato è stato il principale prestanome del “vituperato” Nicola Cosentino)… E’ un crollo verticale che, prima che elettorale, è politico e sociale laddove il PD non è più avvertito nell’opinione pubblica locale come credibile alternativa. A fronte di tutto ciò, in un'intervista ad un quotidiano locale, il Cacciola non va oltre l’auspicare in futuro un'alleanza con l'UDC, riducendo nel contempo il voto a Caserta per Melone a mero strumento di “protesta estremista”…

* (Il termine Milazzismo indica la convergenza di due schieramenti politici diversi (destra e sinistra) per sconfiggere quello di centro al fine di far eleggere un determinato candidato o di costituire una maggioranza di governo alternativa. Il termine prende il nome dall'operazione politica, nota come "operazione Milazzo", avvenuta in Sicilia il 30 ottobre 1958 quando Silvio Milazzo della DC venne eletto presidente della Regione Siciliana con i voti, all'Assemblea regionale siciliana, dei partiti di destra e di sinistra, contro il candidato ufficiale del suo partito. Nel suo primo governo ci furono insieme esponenti del PCI e del MSI)

SEL: UNA NOVITA’ …IN NEGATIVO!
Dopo essersi formata alla vigilia delle elezioni europee del giugno 2009 (a cui ha preso parte), Sinistra, Ecologia e Libertà (SEL) si è poi ufficialmente costituita il 20 dicembre 2009, partecipando successivamente alle elezioni regionali del marzo 2010, svoltesi anche in Campania. Dall’atto della sua costituzione, SEL a Caserta non ha mai preso parte né appoggiato la giunta locale di “centrosinistra” verso la quale anzi non ha mai pubblicamente nascosto la sua contrarietà, raccogliendo così un vasto interesse popolare soprattutto nell’area di quella sinistra che si è sempre più sentita estranea e distante dall’operato di Petteruti & Company, sorretto invece fino alla fine principalmente dal PD. Nel momento di concretizzare la propria azione politica proponendosi alla collettività per quel che era (cioè la principale e sostanziale novità nel panorama politico locale!), SEL ha operato con i propri gruppi dirigenti (regionale, provinciale e cittadino) una scelta politicista, più legata a piani strategici costruiti a tavolino che non invece ad attente analisi delle realtà sociali di cui dovrebbe essere parte attiva, scelta probabilmente fatta per perorare tra i gruppi dirigenti del PD l’auspicabile lancio di Nichi Vendola a candidato del centrosinistra alla prossime politiche (se così fosse, dati i risultati ottenuti, riteniamo in verità che, invece di un auspicabile beneficio, sia stato fatto a Vendola un “grave danno di immagine” costringendolo poi a recuperi – specialmente a Napoli verso De Magistris – non sempre compresi a livello popolare). Prima a Caserta e poi a Napoli, SEL ha così scelto di legittimare politicamente il ricorso strumentale alle Primarie compiuto da un PD dilaniato dalle faide interne, fungendo così nell’immaginario collettivo come una sorta di “corrente di sinistra” dello stesso PD e non invece come una nuova formazione politica, autonoma ed originale. A Caserta SEL, invece di assurgere a protagonista di una diversa coalizione politica, si è così relegata ad un compiacente ruolo di comprimario, “attivo” in particolare nel tentativo di smarcare dalla nefasta ed impopolare esperienza di Petteruti proprio quel PD che lo ha invece attivamente sorretto fino alla fine. Ciliegina sulla torta di questo modo assai vecchio di fare politica è stata poi la scelta di candidare nella sua lista il consigliere uscente di Rifondazione Dell’Aquila (fedelissimo sostenitore di Petteruti) il quale, fino a 24 ore prima della presentazione delle liste, si era contraddistinto attivamente per la costruzione della lista FDS che poi ha abbandonato al suo destino. Il risultato elettorale di SEL è stato così a dir poco “deludente”: 1.198 voti complessivi di cui 308 solo al simbolo (e se non fosse stato candidato all’ultima ora il Dell’Aquila - che è poi addirittura risultato il più votato - i voti sarebbero stati solo 961) e nessun consigliere comunale; il coordinatore cittadino Biagio Napolano (che, candidandosi nelle Primarie fasulle del PD, avrebbe - a detta degli organizzatori - raccolto 609 voti) ha ottenuto nelle vere elezioni solo 72 preferenze, facendo però paradossalmente meglio del coordinatore provinciale di SEL (principale artefice della suddetta scelta politica) che ne ha ottenute 39; 17 candidati su 32 hanno complessivamente raccolto solo 38 voti (6 dei 17 addirittura zero preferenze a testimonianza che la scelta scellerata di SEL, alienandole le simpatie popolari, ha creato grosse difficoltà anche nella stessa composizione della lista, costringendo così i dirigenti locali a ricorrere a semplici riempitivi). Ciò detto, invece di operare una seria, onesta e sincera analisi dei risultati ottenuti, conseguenti alle scelte operate senza dare ascolto alla base, i vertici locali di SEL hanno invece deciso di “dare la colpa del fallimento” a …Speranza per Caserta il cui successo elettorale avrebbe tolto i voti a SEL ed al centrosinistra (è la stessa cosa che, dopo le ultime elezioni Regionali in Piemonte, disse in pubblico l’on. Enrico Letta che accusò il Movimento Cinque Stelle – Beppe Grillo di aver sottratto voti al PD ed aver impedito così la riconferma della governatrice uscente Bresso). Superfluo ogni ulteriore commento….

L’AFFERMAZIONE DI SPERANZA PER CASERTA
Alla “fine”, la lista del movimento “Speranza per Caserta” è stata davvero la novità del panorama elettorale del capoluogo e l’unica vera alternativa per la collettività casertana tanto da raccogliere - con il suo candidato sindaco Melone - voti in maniera davvero trasversale, più nell’area di centrodestra che in quella del centrosinistra. Una parte significativa della collettività casertana l’ha premiata, tributando consenso verso un movimento, disomogeneo nei percorsi politici dei singoli candidati, ma omogeneo sia a livello programmatico che nel rifiuto del vecchio modo di intendere e fare politica. Corroborata dall’indubbio “valore aggiunto” del candidato sindaco (che con 5.623 voti - pari all’11,38% - ha quasi raddoppiato i 2.890 di lista pari al 6,06%), appare non trascurabile il dato dei 266 voti attribuiti alla sola lista senza preferenze il che, da un lato, indica l’inizio del radicamento di una fiducia tout court da parte della collettività verso lo stesso movimento e, dall’altro, attesta che nessuna candidatura dei 32 presenti in lista è stata di “solo riempitivo”. Altro dato significativo è l’elezione a consigliere di Luigi Ebraico, proveniente politicamente dall’area di Sinistra Democratica, che si somma al successo personale di altri compagni con lo stesso percorso politico (simile d’altronde a quello dello stesso Nicola Melone) che, delusi dalle scelte verticistiche di SEL, hanno poi deciso di percorrere l’unica alternativa credibile il che testimonia quanto spazio politico ci sia anche a Caserta per una sinistra che sia originale ed autonoma nei suoi percorsi politici. Di contro, non consideriamo valida la presunta similitudine tra il successo di “Speranza per Caserta” con quello ottenuto in altre realtà locali a livello nazionale dal Movimento Cinque Stelle: riteniamo infatti che Speranza tragga valore (e quindi consenso) proprio dalla singolare specificità locale, pur condividendo numerose aspirazioni con il movimento di Beppe Grillo. Anzi, il voler insistere a tutti i costi su questa presunta “eguaglianza”, ci appare come un tentativo di voler sminuire il senso di quel radicamento sociale del movimento casertano a cui abbiamo già accennato. In altre parole, non riteniamo che “Speranza per Caserta” abbia raccolto solo ed unicamente un voto di protesta, ma anche e soprattutto un voto “di proposta” in ambito locale. Tale successo pone però per il movimento da subito il problema del delicato passaggio ad una più alta fase organizzativa con forme di rappresentanza e di coinvolgimento popolare da canalizzare entro i binari della democrazia partecipata; nel contempo, si impone al movimento un lavoro nelle istituzioni che non si adagi solo a “megafono” dei disagi, ma instauri forme di dialogo, di democratica contrapposizione fino ad arrivare anche ad eventuali collaborazioni pur di ottenere la realizzazione di singoli obiettivi. Insomma, riteniamo che, con le recenti elezioni comunali, si sia chiusa per “Speranza per Caserta” quella che potremmo sinteticamente definire come “la fase movimentista”.

Eravamo - come “La Fabbrica di Caserta” – consapevoli già prima dello svolgersi di queste elezioni comunali che, soprattutto a Caserta, avremmo dovuto operare “dopo” una dura e difficile ricomposizione dello stato sociale, cercando di ridare fiato ed energia a chi vuole continuare a non sentirsi isolato nelle sue istanze e lotte di sviluppo umano e civile e proponendo nuove e opportune forme anche di rappresentanza politica. Non pensavamo però in verità di dover ripartire da tali “rovine”…
Per “fortuna” vi è un impegno immediato con la scadenza oramai prossima del 12 e 13 giugno quando anche la collettività locale sarà chiamata ad esprimersi su referendum fondamentali per configurare un modello di sviluppo che coniughi la salvaguardia di diritti individuali e collettivi importantissimi con scelte strategiche che tutelino la salute pubblica con la creazione di nuovi posti di lavoro (per es. con l’incremento del ricorso ad energie pulite ed alternative) e la salvaguardia di quelli già esistenti. Dare corpo all’attiva partecipazione popolare significa dare spazio a chi vuol fare politica in modo partecipato e “pulito” e, nel contempo, impedire che “i politici di professione” si approprino dei risultati che si otterranno, cercando una “verginità da tempo persa”.
Anche nella prospettiva delle prossime elezioni politiche, è ora che si incominci a costruire concretamente anche a Caserta l’alternativa, dando vita ad una alleanza democratica che possa tracciare, sin d’ora, un percorso che riporti la sinistra ad essere protagonista nella politica cittadina.